PescaSub & Apnea

La costanza, ovvero le terga ritrovate (forse).

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Carrera Piero
view post Posted on 2/9/2010, 13:30




Ore 4.55, la sveglia inesorabilmente suona. Tutto il tuo corpo cerca di ribellarsi e, quel poco di materia grigia che si trova nella tua testa, non può fare a meno di riproporre la stessa domanda: “Piero, ma chi te lo fa fare? Rimani a letto: non lo senti l’effetto della cena a base di pesce, cozze e gamberoni alla brace, abbondantemente annaffiata con vermentino e la degna conclusione con mirto ghiacciato fatto in casa? Hai lo stomaco, e non solo quello, in fiamme e rischi, più che fare apnea, di sentirti male. Non si può poi dire che, per te, sia un gran periodo, visto che sei reduce da ben cinque cappotti consecutivi, alcuni dei quali addirittura visivi; se dobbiamo proprio dirla tutta, sembra che la dea bendata ti abbia voltato definitivamente le spalle: giusto due giorni fa hai avuto ben tre occasioni e non sei riuscito a concretizzare nulla: due volte eri in anticipo, una in ritardo, con il risultato di riuscire solo a vedere quelle che potevano essere degne prede da infilare nel tuo cavetto. Addirittura hai sbagliato con uno dei tuoi pesci classici: il pesce orbo, visto che un orata di oltre due chili ha un buco nelle schiena, ma non sei riuscito a passarla!!! Diciamocela tutta, ormai non ci credi quasi più, visto che, per riuscire a trovare una nota positiva, ti sei dovuto ricordare che scaricando il fucile, ti si era anche rotto il terminale in nylon. Davvero, devi essere al lumicino, per interpretare come una possibile svolta il fatto che questo sia accaduto mentre scaricavi l’arma e non mentre sparavi ad un pesce. Allora perché ti ostini, perché nonostante la poca voglia, nonostante il sonno (sei andato a letto all’una), nonostante il fisico che perde i colpi (tanto per non farti mancare nulla hai pure rimediato un fantastico colpo della strega) hai piazzato la sveglia ad ore che dovrebbero essere dedicare a Morfeo e continui a perseverare?” A dire il vero non lo sai perché, ma speri sempre che il mare possa regalarti una delle sue avventure: non è un pensiero razionale quello che ti fa alzare, ma una sensazione che ti spinge e a non mollare.
Esci di casa, raggiungi la macchina la apri ed inizi la vestizione: preferisci cambiarti sotto il lampione per controllare che sia tutto a posto e per evitare, in questo modo, l’assalto delle zanzare: la località dove hai deciso di andare è infestato dai simpatici insetti, che non vedono l’ora di dare il benvenuto a qualsiasi ospite per invitarlo a cena o, se vogliamo, ad una colazione anticipata. La plancetta, che hai dotato di comoda tracolla, è già nel portabagagli con maschera, due fucili e pinne affardellate in modo da consentire un facile trasporto. Sei infatti a piedi e per raggiungere la zona di pesca, dovrai fare, per la gioia della tua schiena, ben dieci minuti a piedi in un bel sentiero che scende verso il mare tra la macchia mediterranea.
Mentre ti prepari, passano una decina di ragazzi, che portano una strano copricapo con tanto di orecchie da coniglio dotate di lucine intermittenti; tutti, e dico tutti, ti augurano il BUONA PESCA. Non c’è male come inizio!!
Come previsto, visto che non ti vuoi fare mancare nulla, si sente il mare che batte deciso sugli scogli: sta entrando il maestrale. Puoi solo sperare di anticiparlo e rubare un paio d’ore di pesca!!! Arrivi a destinazione, parcheggi e via giù, tra i sentieri, non prima di aver incontrato una coppia che beatamente si da piacere tra la vegetazione, oltre a fumare una sigaretta che emana uno strano odore. Ti guardano preoccupati, ma continuano le loro “operazioni”. Non riesci a non pensare che tu stai andando a fare una cosa che ti appassiona, ma forse loro stanno facendo una cosa più divertente!!!
Purtroppo, quando entri alle sei, c’è ancora buio pesto e grossi nuvoloni si addensano sulla tua testa. Decidi di entrare lo stesso, giusto per non farti venire dei ripensamenti e tornare alla macchina senza aver bagnato le pinne. L’attrezzatura è già indossata e vale la pena di bagnare le pinne. Dopo pochi minuti, mentre attendi di riuscire a vedere, arriva prima la pioggia, poi la grandine ed infine i fulmini!!! Non sei tanto tranquillo, ma ad uscire con tutto quel carbonio, non ci pensi neppure. Un paio di saette “fanno giorno” e, nel frattempo, il mare sale rapidamente. Fatichi a pescare per cui ti infili due sassoni nella muta, giusto per poter effettuare capriola a delfinetto senza usare le pinne, in corrispondenza dei tanti affioranti che caratterizzano la costa. A vederti da fuori sembri un bambino con il pannolino … pieno. Tra un aspetto e un agguato arrivano le otto e non hai ancora visto una pinna: solo tanta, tanta fatica per compiere le più semplici manovre e la constatazione che il fiato è davvero corto. Sei nella stessa zona degli avvistamenti di due giorni fa, anzi per la precisione nello stesso punto in cui hai sparato l’orata. Fatichi a rimanere a distanza di sicurezza dell’affiorante che hai scelto per portare il tuo agguato e al contempo a non uscire dalla sua copertura, per cercare di vedere cosa propone il mare dalla parte opposta. L’onda ti alza e …. vedi che non sei l’unico predatore che sta praticando l’agguato tra gli scogli: un dentice scurissimo, rasenta un canalone sulla tua sinistra (ad ore 10). Si trova in quattro metri d’acqua ed è seguito da una processione di saraghi e da un orata. Non ti ha visto ed eclissa la sua testa e il suo corpo dietro una cresta di roccia sotto di lui. La tua reazione è immediata, approfittando dell’onda di ritorno che si abbassa, fai una rapida discesa, senza quasi fare fiato, e vai ad intercettarlo all’uscita del canalone (ad ore 13). Durante la tua breve scivolata rasente la roccia, hai stimato meno di 6 metri di spostamento, riesci ad intravedere un paio di volte la coda e la schiena del pinnuto, che si muove nel canalone con una rotta che lo porta a convergere con la tua. Decidi di non uscire dalla parete che ti copre ai suoi sensi, ma di fermarti con il fucile pronto su quello che dovrebbe essere il punto in cui termina il canale. Nonostante i secondi che passano siano pochi, sembrano eterni, ma sei stranamente calmo. Hai messo in moto il predatore e non sei teso per il pescione che, da lì a pochi secondi, dovrebbe sbucare davanti a te: sei nel posto giusto, fermo sul fondo per non allarmare il predatore, non ti sei fidato ad affacciarti al canale, e con i nervi tesi allo spasimo, sei pronto con il dito sul grilletto. Come immaginato il pesce esce, ed insieme al suo tentativo di fuga, parte il tiro: hai sparato quando era visibile solo parte della testa e il pesce si trova a meno di due metri dalla punta, ma la sua reazione fulminea fa si che tu lo colpisca mentre ormai ha girato verso il largo. L’asta, con un tonfo sordo, entra dalla coda e vedi nettamente la punta che esce poco dietro la pinna pettorale. Parte come un treno e senti le sue scodate furiose che frustano l’acqua. Srotola circa dieci metri di naylon e poi … si sfila ……
NOOOOOOOOO!!! NOOOOOOO
non riesci neppure a bestemmiare per la delusione. Hai sentito il colpo dell’asta (nuova e quindi affilatissima) sul corpo del pesce, ma le doppie alette non hanno trovato alcun punto in cui fermarsi ed aprirsi per impedirne la fuga. Purtroppo è riuscito a sfilarsi. Continui a ripetere mentalmente l’azione di caccia, per capire che cosa hai sbagliato, ma non vedi errori. Poi passa la scarica di adrenalina. Sei distrutto, ti fanno male tutte le ossa e le gambe tremano. Ti sposti a ridosso di un grande scoglio su cui ti siedi per riprenderti. Non riesci a credere che per l’ennesima volta, la sfiga ci abbia messo lo zampino, non riesci ad accettare il fatto che per l’ennesima volta, potrai raccontare di una cattura mancate, anziché di una cattura realizzata. Pensi, che leggendo di un pescatore che spesso vede, ma mai prende, anche a te verrebbero dei dubbi sulla verità dei suoi racconti.
Inutile dire che sei a pezzi, ma decidi di ricaricare il fucile e provare a cercare il pesce, effettuando qualche planata nelle vicinanze. Purtroppo la ricerca non da frutti. Ti rimangono però ancora due affioranti da controllare. Lo fai, spinto più dall’inerzia e dal “dovere” che da una reale convinzione. Sul primo ti arrivano a tiro un denticiotto (stimato sugli 8 etti) e una orata, ma decidi di non sparare: sei troppo amareggiato per premere il grilletto su un pesce che ad inizio giornata sarebbe finito a cavetto. Ora non ha senso. Ti sposti sull’ultimo scoglio, ancori la plancetta e ti tuffi: ancora niente, risali e ti sposti sulla sezione più esterna di questo affiorante, che permette un secondo tuffo. Riesci, durante un agguato, ad portare la punta della tua asta a meno di 30 cm da un bel sarago, ma non spari, risali e decidi che farai l’ultimo tuffo su una risalita esterna che da 20 metri monta fino a 10 metri dalla superficie. Si tratta di uno scoglio che ben conosci e che ti ha dato belle sorprese in passato: una sorta di cubo di roccia con il lato di una decina di metri che si appoggia su una larga base di coralligeno tutto fessurato. Sai che dopo questo tuffo dovrai rientrare: è tardi, il mare è salito ulteriormente e non hai la voglia di effettuare ulteriori tentativi.
Ti concentri e …. quasi svieni, quando, mentre ti stai ventilando, si materializza l’ombra di un dentice che nuota lentamente al limite del monolito di granito. Non puoi fare a meno di notare che il pesce ha una andatura leggermente innaturale; non ci puoi e vuoi credere poi il pensiero diventa uno “È LUI”. Non c’è tempo da perdere, forse è la volta buona in cui il mare ti vuole fare un regalo e restituirti parte della sfortuna accumulata negli ultimi tempi. Fai convergere la tua rotta con quella del pesce, che, nel frattempo, ha abbandonato lo scoglio e nuota, ora, verso una zona di sabbia. Ti immergi nel cono d’ombra alla vista del pesce che, quando sei a circa otto metri da lui, fa uno scatto e cerca di sprofondare. Tu non osi neppure compensare per la paura che, spaventato dal rumore prodotto, con una scodata, sparisca. Ci sei quasi, ancora un po’ e poi devi provarci, lui ha infatti accelerato e non sai quanto puoi rischiare di avvicinarti ulteriormente. Il tiro parte e va a segno, di nuovo senti il tonfo dell’asta sul corpo del pesce, che scatta come un matto verso una macchia di grotto sul fondo. Sfilano dal mulinello una quindicina di metri, mentre risali in diagonale, per allontanare il pesce dal coralliggeno. Non lo vuoi far arrivare alle rocce: lo forzi e lo alzi leggermente dal fondo. Con il cuore che va a palla, cerchi di spostarti sul fondale sabbioso e contrasti le sue fughe in modo deciso, ma al tempo stesso delicato: non lo vuoi forzare. Ad una prima occhiata ti sembra di aver messo in sagola il pesce, sembra infatti che il pesci trasini l’asta, poi, aiutato da un bagliore metallico, metti a fuoco la situazione: dal corpo del pesce esce l’asta e si vede una delle due alette aperta che spunta dal corpo: il pesce è di fatto tenuto solo da un aletta aperta sottopelle e dalla punta dell’asta. Di nuovo il tuo stato d’animo passa dall’esaltazione al dramma: il pallone è troppo lontano e troppo vicino alle rocce, per pensare di raggiungerlo, devi riuscire a prendere il pesce senza il secondo fucile. Assecondi ogni tentativo di fuga del predone con delicatezza, senza però lasciarlo libero di fare quello che vuole e soprattutto di raggiungere il fondo. I minuti passano lentissimi, con l’umore che continua a passare tra stati d’animo contrastanti: dall’esaltazione alla disperazione. Poi in te si fa avanti una convinzione: se il mare te lo ha fatto ritrovare è per un buon motivo; non vuole che una tale preda vada sprecata. In passato hai già tenuto pesci grandi con un aletta sotto pelle, quindi nella tua testa si sta facendo avanti la certezza della cattura. Le sue sfuriate diventano sempre meno decise, e alla fine si avvicina alle tue mani: non sai se provare ad afferrare l’asta e farle attraversare il corpo o afferrarlo con le mani. Ormai non c’è più tempo: è lì a pochi centimetri. Gli salti letteralmente addosso, lo abbracci e ti pianti tutte le spine che ha nelle braccia, nel torace, nelle gambe, riesci alla fine ad infilargli una mano nelle branchi e …. URLI, urli come un matto e non ti fermi. Non puoi fermarti. Prendi il coltello e lo uccidi, poi verifichi che l’aletta in realtà non era tenuta dalla sola pelle, ma da un paio di centimetri di carne. Raggiungi il pallone, lo attacchi al portapesci, ma non riesci a lasciarlo andare. Tornerai a riva con la tua mano nelle sue branchie, hai ancora paura di perderlo, ogni tanto lo avvicini alla maschera ed ammiri i suoi colori: è splendido. Hai 46 anni, sei diretto verso la riva e riprendi ad urlare: in mare non c’è nessuno, ma non riesci a trattenere la tua gioia e devi urlare. Lo farai per tutto il tragitto di ritorno, quasi incredulo di quanto ti è successo. Presso la macchina, arrivano le prime foto di rito, e hai la conferma che la ballanza appena acquistata non è una bilancia che porta sfiga in abbondanza, come dai più pronosticato, anche se non è retro-illuminata. Al peso il pesce risulta di 5,350 Kg. Stranamente non senti il peso dell’attrezzatura e della preda mentre ritorni alla macchina. Una volta in viaggio verso casa partono prima gli MMS, poi le telefonate agli amici. Fino alle 16 è come se fossi stato drogato: ogni muscolo del tuo corpo ti fa male, ma non riesci a fermarti. Troppa è stata la successione delle emozioni che hai vissuto. Poi ripensi alla coppia che hai incontrato durante la mattinata e ti spunta un sorriso: non ci sono dubbi, oggi chi si è divertito di più sei tu!!!
A distanza di due giorni dall’evento i tuoi amici ti chiedono come mai sei senza voce, mentre tu commenti che non hai asciugato i capelli, tua moglie, che sà, ride.

Dopo tre giorni la sorte si inverte ……
Finalmente è arrivato Maurizio e disponiamo del gommone. Il giorno prima, salvo una bella orata, sbagliata da Maurizio, non abbiamo visto pesce. È l’alba e siamo in uno dei posti che preferisco: ci avviciniamo al punto in cui eseguiremo i primi tuffi e nel percorso incontriamo due spigole: una stimata sul paio di kg, la seconda davvero grossa, che non si decide però ad avvicinarsi. Siamo vicini ad uno degli spot più belli: si tratta di una sella che parte da galla scende fino a 8 metri per aprirsi a destra su un canalone molto ripido che termina a circa 30 metri e a sinistra un secondo canalone più dolce che termina a 20 metri. Davanti alla sella il fondo risale fino a 4 metri dalla superficie per poi creare prima una piattaforma di roccia, con rare chiazze d’alga ed infine grotto che va poi a morire sulla sabbia. Maurizio esegue il primo tuffo, dopo un breve agguato: il posto infatti consente il posizionamento su due tettoie distanti circa tre metri l’una dall’altra, a circa cinque metri di profondità che permettono di controllare tutto il circondario. Il tutto è reso ancor più interessante per il fatto che la discesa può essere effettuata rimanendo sempre al coperto della parete di roccia che forma, in quel punto, una specie di dente. Purtroppo la sua immersione non da esito. È il mio turno ed eseguo un tuffo nello stesso posto: non avevo infatti visto se Maurizio si era piazzato sulla prima o sulla seconda tettoia. Arrivo, dopo la breve discesa, molto lentamente sul luogo dell’appostamento e coperto dal dente di roccia alla mia sinistra mi affaccio: come tutte le volte la prima occhiata è verso sinistra, verso il canalone più fondo, ma non vedo niente, attendo, poi controllo davanti alla mia posizione ed infine volgo lo sguardo alla mia destra. Niente, per cui torno a voltare la testa a sinistra e . HAAAAAAAAAAAAAARG
L’immagine del fondo viene sfocata da una grossa massa che sta salendo: prima ancora di mettere a fuoco l’immagine (non so se a voi capita di percepire la rottura tra la sagoma del pesce e il fondale, prima di individuare il pesce stesso) il cervello scatta e sentenzia: spigola! È infatti un pesce molto lungo e ho notato la pancia bianca oltre al dorso scuro, poi, in una frazione di secondo, il pesce va a fuoco. È un dentice mostruoso: è lui, Tatanka. Risale dal fondo insieme ad un orata, stimata sul paio di kg, che si mette letteralmente davanti alla mia maschera, mentre il suo compagno transita davanti alla punta del fucile. Quasi incredulo sparo, mentre il pesce passa a un paio di metri dalla punta. Non ho mirato, non ho neppure provato a spostare il fucile, mi sono semplicemente limitato a premere il grilletto, sparando al bersaglio grosso. Vedo l’asta che, colpito il pesce a metà tra la linea laterale e la pinna dorsale, prima si impenna e poi frena di colpo. Il pesce parte a razzo prima verso sinistra, poi gira verso il largo e srotola 7/8 metri di filo dalla bobina del mulinello, esegue un loop verso la superficie per poi ritornare verso la mia posizione. Quando arriva a 4 metri da me, si infila nel canalone che sprofonda e 30 metri, mentre vedo l’asta cadere verso il fondo. Il tutto è durato meno di tre secondi. Mentre scappava verso sinistra ho avuto modo di capire che il pesce era quasi lungo come l’asta, quando scappava verso il largo, che, oltre a non averlo passato, era spesso come un vocabolario di Greco.
Risalgo attonito e la prima cosa che riesco a dire a Mauri è. “ Non l’ho passato!!!”
Non sembro neppure troppo dispiaciuto (molto probabilmente ero in uno stato di shock tale da non rendermi neppure conto di quanto mi fosse accaduto), quando racconto l’accaduto a Maurizio che, da galla, ha osservato tutta la scena. Era in una posizione defilata, ma che gli ha consentito di vedermi e di osservare, senza poter fare nulla, la fuga del pesce. Sulle prima lui pensava che quello in fuga, visto lo scatto, non fosse il pesce a cui avevo sparato, e anche lui, date la dimensioni e la lunghezza aveva pensato subito ad una spigola; poi la forma ed il colore inequivocabilmente blu cobalto, gli hanno fatto riconoscere, nel razzo che fuggiva, un dentice. Purtroppo la realtà è diversa e quello che ha visto: non era il compagno del pesce sparato, ma “il pesce sparato” quello che fuggiva. A distanza di tempo non riesco ancora a comprendere il motivo della mancata cattura e mi sono stilato l’elenco delle possibilità:
• molto probabilmente il pesce era più grande e più lontano di quanto stimato
• forse ho preso anche un osso, o semplicemente non sono riuscito a bucare quel vocabolario
• forse, ero talmente certo della cattura che mi è venuto anche il braccino
• forse, anzi certamente, se avessi portato il 120 doppio elastico come avevo pensato di fare in un primo momento per poi ripiegare sul 10
• forse se avessi avuto un asta monoaletta avrei passato il pesce
• forse se il pesce fosse arrivato all’aspetto a Maurizio che impugnava un 110 doppio elastico
• forse se gli sparavo nella pancia
forse………….. ma con i se e con i ma i pesci a casa non si portano. Anche Maurizio mi ha confermato che il pesce sembrava essere a tiro …. Questo non mi aiuta a dimenticare l’occasione sfumata. Per la cronaca: il fucile era stato caricato da meno di 10 minuti e quindi gli elastici non potevano essere “stanchi”, è armato con asta da 6,5 mm con doppia aletta e ho verificato e fatto verificare che il tiro sia “buono” (stende le due passate di sagola senza che si veda l’asta e alla fine strotola parecchio mulinello dando un bel colpo sul fucile a significare che, anche a fine corsa, l’energia è presente in abbondanza)
A raccontarla tutta, ci sono voluti almeno 3 giorni per metabolizzare quanto accaduto, e dall’iniziale indifferenza, per la mancata cattura, sono passato ad uno stato di quasi disperazione. Ma quando mai mi potrà ricapitare di trovare un tale carro-armato in così poca acqua, poi penso al regalo che il mare mi ha fatto solo qualche giorno prima e torna a spuntarmi il sorriso.
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AlexPux
view post Posted on 2/9/2010, 13:52




Racconto stupendo! Un vero piacere da leggere.
ce ne fossero di piu' cosi...

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view post Posted on 2/9/2010, 13:56
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Spigolaro

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:clapping.gif: complimenti, ma... ehm... ti dispiacerebbe fare un riassuntino? :P
 
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CRY^76
view post Posted on 2/9/2010, 13:57




che bel racconto, mi hai fatto emozionare perchè ero li a pesca con te, grazie.
 
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Carrera Piero
view post Posted on 2/9/2010, 14:03




CITAZIONE (Riccardo Paladino @ 2/9/2010, 14:56)
:clapping.gif: complimenti, ma... ehm... ti dispiacerebbe fare un riassuntino? :P

Per il riassunto fai presto: ho visto il pesce, l'ho sparato, l'ho perso, l'ho ritrovato e ripreso.
Secondo me, quando capita, ad un pescatore normale come me di fare una bella cattura, vale la pena di provare a scrivere le emozioni vissute. So che è un bel polpettone, ma si fa presto a non leggerlo e a guardare le foto. A me servirà, tra qualche anno, rileggerlo per rinfrescare le emozioni provate.
 
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view post Posted on 2/9/2010, 14:05
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CITAZIONE (Carrera Piero @ 2/9/2010, 15:03)
CITAZIONE (Riccardo Paladino @ 2/9/2010, 14:56)
:clapping.gif: complimenti, ma... ehm... ti dispiacerebbe fare un riassuntino? :P

Per il riassunto fai presto: ho visto il pesce, l'ho sparato, l'ho perso, l'ho ritrovato e ripreso.
Secondo me, quando capita, ad un pescatore normale come me di fare una bella cattura, vale la pena di provare a scrivere le emozioni vissute. So che è un bel polpettone, ma si fa presto a non leggerlo e a guardare le foto. A me servirà, tra qualche anno, rileggerlo per rinfrescare le emozioni provate.

Grande Piero, mi hai emozionato di più per telefono sentendoti senza voce!!!!

Complimenti :clapping.gif:
 
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paolossassin
view post Posted on 2/9/2010, 14:10




:groupwave.gif: :groupwave.gif: :groupwave.gif: :wavetowel2.gif: :wavetowel2.gif: :wavetowel2.gif: :clap.gif: :clap.gif: :clapping.gif: :clapping.gif: :eek.gif: :eek.gif:
 
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view post Posted on 2/9/2010, 14:13
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Spigolaro

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va bene va bene, appena ho una mezza giornata lo leggo...
magari è anche didattico ed imparo a ritrovare i dentici persi... proprio l'altro giorno ne ho strappato uno sui 5 chili
 
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view post Posted on 2/9/2010, 14:25
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Big Denticiaro

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un piaere leggere emozioni

granbella cattura e .... posso immaginare cosa si prova a veder scodae via un televisore 40pollici.... mi è capitato l'anno scorso a Porto Badisco ..dopo aver azzardato il tiro su un mostro mai visto , l'asta l'ha solo punto... nn oso immaginare quanto potesse pesare.... so solo che ho sottovalutato l'animale

complimenti x tutto e sopratutto per il coraggio di alzarsi la mattina all'alba.... io avrei preferito sare in quella macchina :-)

CITAZIONE (Carrera Piero @ 2/9/2010, 14:30)
una coppia che beatamente si da piacere tra la vegetazione, oltre a fumare una sigaretta che emana uno strano odore. Ti guardano preoccupati, ma continuano le loro “operazioni”. Non riesci a non pensare che tu stai andando a fare una cosa che ti appassiona, ma forse loro stanno facendo una cosa più divertente!!!

 
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view post Posted on 2/9/2010, 15:37
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complimenti bellisimo denticione davvero!!!! eh si i dentici ti caricano di una emozzione davvero potente!!!!ancora bravo per la cattura!!! :clapping.gif: :clapping.gif: :clapping.gif: :clapping.gif: :clapping.gif: :clapping.gif: :clapping.gif: :clapping.gif: :clapping.gif: e bellissimo racconto!!!!

Edited by dentex8287 - 2/9/2010, 16:38
 
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frapas79
view post Posted on 2/9/2010, 15:38




mi son preso 10 minuti per gustarmelo,
bravo
 
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view post Posted on 2/9/2010, 16:06
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Spigolaro

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Bellissimo racconto, prima ho gioito e poi sono stato male per te. Ma si sà, il mare dà, il mare toglie. Grande ancora.
 
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view post Posted on 2/9/2010, 16:10
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Spigolaro

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Letto tutto!!!Bellissimo!! e complimenti!
 
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view post Posted on 2/9/2010, 16:10
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Bel racconto e magnifica preda...
 
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DesmoAccanito
view post Posted on 2/9/2010, 16:15




Davvero un bel racconto complimenti!!! e ovviamente ottima anche la cattura e...per il vocabolario non temere, il mare toglie e dà :)
 
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51 replies since 2/9/2010, 13:30   904 views
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